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Finanza personale per tutti

Perché il calo demografico NON è la fine del mercato immobiliare?

19/06/2025 12:56

Redazione

Sapere, Immobili, Affitti, Investimenti, Case, Detroit,

Perché il calo demografico NON è la fine del mercato immobiliare?

Scopri perché il calo demografico non è la fine del mercato immobiliare. La verità potrebbe stupirti...

Perché il calo demografico NON è la fine del mercato immobiliare?

Uno dei cavalli di battaglia dei tanti detrattori degli investimenti immobiliari è il tema del calo demografico nei paesi occidentali. La tesi è che, se la popolazione diminuisce e il numero di immobili rimane all'incirca invariato, inevitabilmente le quotazioni immobiliari tenderanno a scendere nel tempo, fino a crollare nel momento in cui la domanda diventerà inevitabilmente inferiore all'offerta.

 

Iniziamo ad affrontare la questione a livello teorico per capire cosa c'è di sbagliato, almeno per il futuro prevedibile, in questa conclusione.

Il numero di abitanti in una certa area è infatti solo uno dei fattori che influisce sulla richiesta di immobili e, tra tutti, è probabilmente quello meno determinante.

 

Ci sono infatti dinamiche sociali in perenne evoluzione che influenzano la domanda di abitazioni e, di conseguenza, le quotazioni immobiliari molto più del semplice numero di residenti.

 

Un esempio?

Numero di componenti per famiglia in Italia

Il grafico precedente mostra il tracollo del numero di componenti di ogni nucleo familiare in Italia dal 1971 al 2011. Da una media ben al di sopra dei 3 componenti per nucleo familiare si è passati a circa 2,5 nel 2011. Negli anni successivi, il numero è sceso ulteriormente, anche se a ritmo molto ridotto rispetto al passato.

Cosa vuol dire questo e perché ci interessa? Perché se in ogni immobile in una determinata area vivevano mediamente 3,4 persone nel 1971 e oggi negli immobili della stessa area vivono mediamente 2,3 persone, per mantenere costante il rapporto domanda/offerta, ignorando ogni altro fattore, o la popolazione deve essere diminuita di un terzo (33%) o il numero di immobili deve essere aumentato di quasi il 50%! E questo solo per mantenere le quotazioni reali stabili.

Ripetiamolo per chiarezza: in un contesto nel quale il numero di componenti per nucleo familiare è in costante declino, sia un forte calo demografico che un netto aumento dell'offerta abitativa hanno il solo effetto di mantenere i prezzi stabili.

 

Ma i fattori che possono influenzare le quotazioni immobiliari sono innumerevoli.

Un altro esempio è il livello di mobilità dei residenti. Supponiamo che in una determinata città il tasso di occupazione degli immobili fosse del 95% 20 anni fa, ovvero ogni immobile era occupato mediamente il 95% del tempo ogni anno. Escludendo ogni altro fattore, se oggi quel tasso di occupazione si fosse ridotto all'85%, magari per effetto di una maggiore quota di turisti (Venezia, Firenze?), professionisti in trasferta (Milano, Roma?) o studenti fuorisede (Bologna, Torino?), quale sarebbe l'impatto sul rapporto domanda/offerta degli immobili?

Ebbene, a parità di popolazione totale servirebbe quasi il 12% di immobili in più per mantenere costante il rapporto domanda/offerta. Un minore tasso di occupazione, infatti, non è necessariamente indice di un calo della domanda. La tipologia stessa dei contratti di locazione influisce su questo parametro: più sono brevi gli affitti, più è difficile garantire la piena occupazione, ma questo non significa affatto che non ci sia richiesta, anzi!

 

Anche recenti tendenze sociali come l'home-working e l'abbandono delle periferie in favore di quartieri più centrali o, all'estremo opposto, della provincia, stanno alimentando dinamiche nelle quotazioni immobiliari tutt'altro che intuitive e lineari, con prezzi in crescita verticale nelle aree più ambite e in lieve ma costante declino in tutte quelle periferie-dormitorio spuntate come funghi a partire dagli anni 60 del secolo scorso.

 

Ma finora abbiamo parlato solo in termini generici. Allora analizziamo un caso pratico per vedere se, effettivamente, bruschi cali democratici determinano inevitabilmente il crollo delle quotazioni immobiliari.

 

Volendo scegliere un caso studio, abbiamo pensato a un esempio estremo di abbandono urbano, quartieri fantasma, tassi di disoccupazione vicini al 30%, popolazione in costante declino per decenni fino a dimezzarsi. Stiamo parlando di Detroit, Michigan, un tempo capitale dell'industria automobilistica a stelle e strisce, sede di General Motors, Ford e Chrysler, oggi città in cerca di riscatto dopo lo shock del default nel 2013 e dopo anni tragici di crisi economica e demografica.

Popolazione di Detroit

L'immagine precedente racconta oltre 50 anni di declino demografico. Da oltre 1,5 milioni di abitanti nel 1970 a poco più di 600.000 oggi. Oltre 100.000 abitanti persi in un solo anno nel 2009. Sono numeri da evacuazione forzata più che da crisi demografica.

E i risultati sono ben visibili:

Detroit prima e dopo

Interi quartieri sono stati abbandonanti e la natura li sta fagocitando, come in un film post-apocalittico.

 

Se, come dicono le cassandre della crisi demografica, un calo della popolazione porta inesorabilmente a un crollo delle quotazioni immobiliari, a Detroit deve essersi verificato un cataclisma di proporzioni bibliche nel mercato immobiliare. Dopo queste immagini, dovremmo aspettarci un grafico dei prezzi in caduta libera, nonostante gli effetti dell'inflazione.

 

Ebbene, ecco l'indice dei prezzi delle abitazioni nell'area metropolitana di Detroit negli ultimi 55 anni:

Indice dei prezzi immobiliari a Detroit

Vedi crolli verticali? Crisi apocalittiche? Invasioni di cavallette? No. L'indice dei prezzi delle abitazioni, che tiene conto sia dei prezzi di acquisto che di affitto, ha seguito quasi perfettamente l'inflazione americana in oltre mezzo secolo di declino demografico. Senza la crisi del 2008, probabilmente avrebbe persino superato di poco l'inflazione.

 

Questo perché l'apprezzamento degli immobili in alcuni quartieri ha più che compensato il deprezzamento in altri quartieri. Ricordiamo sempre che il mercato immobiliare, a differenza del mercato azionario, è intrinsecamente piuttosto inefficiente, ovvero le quotazioni per lo stesso tipo di asset possono variare (e di molto) indipendentemente dai "fondamentali" e rimanere sorprendentemente resilienti anche in momenti di crisi. Non a caso, in queste circostanze, più che un calo dei prezzi, si nota in genere un allungamento dei tempi di vendita.

 

Attenzione. Saremmo molto delusi dalle nostre capacità di comunicazione se, una volta letto questo articolo, tu pensassi che, scegliendo un immobile a caso in un posto qualsiasi, mal che vada fra 50 anni questo avrà mantenuto il suo valore reale.

Non è nemmeno lontanamente così e, come ogni altro investimento, anche quello immobiliare presenta rischi che non devono essere sottovalutati.

Ma oggi abbiamo capito che il mercato immobiliare è molto più complesso di quanto vorrebbero far credere certi sedicenti guru social. Le semplificazioni eccessive, qui come in ogni altro ambito della vita, sono la via più rapida verso errori di valutazione grossolani.

 

E comunque, no… la tua casa molto probabilmente non varrà la metà fra 20 anni solo perché un tizio in rete ha detto che il calo demografico ci riporterà tutti nelle caverne!

 

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