
Esistono centinaia di parametri che permettono di valutare i più svariati aspetti di un investimento finanziario. Dal rendimento alla deviazione standard, dalla volatilità all'indice di Sharpe o di Sortino, l'elenco è davvero molto, molto lungo. Ognuno di questi parametri descrive una specifica caratteristica di un investimento finanziario, ma tutti hanno due grandi difetti:
1- Essendo molto specifici e parziali, dicono molto poco sulla bontà complessiva dell'investimento.
2- Soprattutto, esprimono spesso concetti molto tecnici, difficili da “visualizzare” o “toccare con mano” e, quindi, sostanzialmente inutili per la maggioranza dei potenziali investitori.
Così, mentre gli investimenti finanziari possono offrire enormi benefici potenziali a un'ampia fetta della popolazione, solo una piccola minoranza ha le competenze e le conoscenze di base per comprendere davvero il significato di tutti quei parametri e, di conseguenza, prendere autonomamente decisioni di investimento davvero informate (no, se pensi di sapere esattamente cosa sono i parametri che abbiamo nominato all'inizio dell'articolo, molto probabilmente non è così). Il problema non è solo l'alfabetizzazione finanziaria di cui tanti parlano e che tanto fatica a diffondersi, specialmente in Italia. Esiste il sacrosanto diritto a non dover essere necessariamente laureati in Matematica, Economia e Statistica per investire consapevolmente e avere accesso, almeno in parte, ai benefici che questo mondo può offrire.
Perché la Portfolio Survivability può essere determinante?
Iniziamo col dire che rivolgersi a un consulente finanziario indipendente (e sottolineiamo “indipendente”, ovvero non vincolato ad alcuno specifico istituto di credito o società finanziaria) rimane l'opzione migliore per chi voglia investire cifre ingenti in prodotti finanziari senza avere le conoscenze necessarie e nemmeno la voglia o il tempo per acquisirle. Ma XKÉ Blog vorrebbe offrire il proprio contributo proponendo un nuovo parametro che permetta a colpo d'occhio di capire se un determinato investimento o portafoglio di prodotti finanziari sia o meno sostenibile in base alla nostra specifica situazione.
Internet trabocca di blog e canali social che parlano di finanza, sviscerando ogni minimo aspetto di ogni genere di investimento, ma curiosamente pochissimi si soffermano sull'unica, ovvia caratteristica che un investimento finanziario dovrebbe avere: sopravvivere per tutto il tempo necessario!
Esatto. Ogni volta che ci poniamo un obiettivo finanziario, che sia prepararci alla pensione, mettere da parte i soldi per comprare una casa più grande, proteggerci dall'inflazione o garantire ai nostri figli un fondo studi per quando andranno all'università, abbiamo a nostra disposizione un'infinità di risorse che ci permettono di comporre il portafoglio ideale, ottimizzarlo secondo ogni genere di strategia, testarlo retroattivamente (backtesting) per capire come si sarebbe comportato in passato e simularne statisticamente le potenziali prestazioni future, ma non c'è una sola risorsa che permetta di capire al volo se un determinato tipo di investimento ha buone probabilità di durare davvero per tutto l'orizzonte temporale previsto o se è destinato a mancare l'obiettivo, come la maggior parte degli investimenti, perché inadatto al nostro profilo e, di conseguenza, insostenibile a livello pratico, economico o emotivo.
La mente umana non è adatta agli investimenti, letteralmente. I nostri istinti e le nostre naturali reazioni determinano una valanga di bias, ovvero errori di valutazione sistematici, che ci portano a prendere spesso decisioni sbagliate, come vendere in preda al panico dopo un forte calo dei mercati, comprare come se non ci fosse un domani azioni già sopravvalutate e crederci molto più freddi e razionali di quanto non siamo in realtà. È importante ripetere questo passaggio: siamo naturalmente portati a prendere decisioni sbagliate nel campo degli investimenti, professionisti inclusi. Conoscenza ed esperienza possono aiutarci a ridurre i margini di errore, ma mai ad eliminarli del tutto. Ricordiamocelo sempre.
In un quadro così scoraggiante, la Portfolio Survivability (la capacità di sopravvivenza di un portafoglio) potrebbe rappresentare un indicatore qualitativo importante per farci capire se il portafoglio di investimenti che abbiamo definito o che ci è stato consigliato può davvero aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi o se sarà solo fonte di preoccupazioni e rimpianti.
Come funziona la Portfolio Survivability?
Come detto, questo parametro esprime la probabilità che un determinato portafoglio titoli possa “sopravvivere” fino alla scadenza prevista (se ce n'è una) , senza essere azzoppato o del tutto estinto da interventi inopportuni dettati dall'emotività o da esigenze pratiche non correttamente preventivate (ad esempio, se abbiamo investito una percentuale eccessiva del nostro patrimonio, senza avere un reddito sufficientemente elevato e stabile, costringendoci così a disinvestire anzitempo in caso di spese impreviste).
Si basa esclusivamente su 4 variabili: Indice di reddito, Avversione al rischio, Patrimonio investito e Perdita massima. Prima di chiarire le 4 variabili utilizzate, apriamo una breve parentesi sulle variabili che non sono state considerate. Qualcuno infatti potrebbe essere stupito nel non vedere il rendimento atteso dell'investimento, oppure l'orizzonte temporale previsto, o ancora parametri più tecnici come volatilità o deviazione standard. La verità è che tutti questi parametri, utilissimi per confrontare tra loro portafogli diversi, non incidono minimamente sulla Survivability di un portafoglio. Dopo aver assistito atterriti a un crollo del nostro portafoglio del 60% in pochi mesi, non saremo minimamente influenzati dal fatto che il rendimento atteso di quell'investimento, calcolato con accuratissimi backtest, è del 12% su un orizzonte temporale superiore a 10 anni con una deviazione standard del 22% e che il nostro orizzonte temporale è di almeno 20 anni. L'unico numero che lampeggerà in rosso a caratteri cubitali nella nostra mente, 24 ore su 24, sarà “-60%” e sarà solo quello ad avere il potenziale di guidare i nostri pensieri e le nostre azioni (quasi sempre portandoci a prendere qualche pessima decisione).
Quindi, perché proprio quelle 4 variabili? Nel paragrafo precedente, abbiamo già accennato alla Perdita massima (maximum drawdown) ovvero il calo massimo che ci si può statisticamente attendere da un determinato portafoglio rispetto all'ultimo picco raggiunto. Ad esempio, se un portafoglio ha raggiunto il controvalore di 100.000 Euro in un determinato momento e poi scende fino a 60.000 Euro prima di cominciare a risalire, la Perdita massima è stata del 40%. Come riferimento, la Perdita massima di un portafoglio composto unicamente da un ETF azionario globale (MSCI ACWI) è vicina al 55% secondo i dati storici, quindi dovremmo considerare “almeno” un 55% di drawdown potenziale per un simile investimento.
Il Patrimonio investito esprime la percentuale di tutto il nostro patrimonio mobiliare che abbiamo allocato in un determinato investimento. Attenzione: parliamo solo di patrimonio mobiliare, gli immobili non contano. Se nel 2000 avessimo investito il 90% del nostro patrimonio mobiliare in un fondo indicizzato Nasdaq 100, quanto ci avrebbe consolati il fatto di possedere un paio di appartamenti, dopo aver perso l'80% di quell'investimento e aver visto andare in fumo quasi tutte le nostre risorse finanziarie? Usando lo stesso esempio, è altrettanto evidente come lo stesso tracollo ci avrebbe scossi molto meno se avessimo investito solo l'1% del nostro Patrimonio mobiliare. Nel primo caso ci saremmo disperati, a dir poco, mentre nel secondo ci saremmo sicuramente amareggiati, ma avremmo molto più facilmente voltato pagina.
L'Avversione al rischio è la naturale tendenza della mente umana ad aborrire rischi e, soprattutto, perdite. Perdere 100 Euro ci procura un fastidio di intensità doppia rispetto al piacere che ci procura guadagnarne altrettanti. Nella formula che abbiamo sviluppato, è possibile regolare la propria Avversione al rischio da 1 a 3 con incrementi di 0,5, per esprimere la propria capacità (o incapacità) di gestire eventuali fasi negative, perdite o brutte sorprese nel campo degli investimenti. Ci teniamo a sottolineare che l'Avversione al rischio 1 è riservata praticamente solo agli investitori e ai trader professionisti, che hanno “allenato” la loro emotività nel corso degli anni, con l'esperienza sul campo. Non stupisca il fatto che abbiamo impedito di selezionare un'Avversione al rischio pari a 0,5: anche se molti sono convinti del contrario, puoi leggere questo articolo per capire perché non sarai mai come Warren Buffett. Proprio perché tendiamo a sopravvalutare la nostra capacità di sopportare perdite e gestire fasi negative dei mercati, suggeriamo di pensare alla propria Avversione al rischio su una scala da 1 a 3 e poi aggiungere 0,5 al numero che ci viene in mente. Semplificando molto, 1 è l'Avversione al rischio di un professionista, 2 è l'Avversione al rischio di un non professionista molto esperto e preparato e 3 è l'avversione al rischio del 90% della popolazione mondiale.
Per finire, l'Indice di reddito è una variabile che dovrebbe esprimere la solidità del nostro personale conto economico. In altre parole, quanto siamo in grado di risparmiare e con quanta regolarità nel corso tempo. Qualche esempio renderà il concetto molto meno astratto. Su una scala da 0,5 a 3, uno studente senza reddito fisso, costi elevati e scarsa visibilità sui redditi futuri dovrà certamente seleziona 0,5. Al contrario, un dipendente pubblico sessantenne, sposato, con due figli adulti e indipendenti, può avere una visibilità pressoché totale sulla sua capacità di risparmio per i successivi 20 anni almeno, avendo spese piuttosto prevedibili e, soprattutto, un reddito garantito e perfettamente noto (pensione inclusa). Allo stesso modo, dovrebbe selezionare valori bassi un libero professionista con reddito alto, ma estremamente variabile di anno in anno, spese poco prevedibili (figli piccoli, necessità di vivere spesso all'estero per lavoro, ecc.), a meno che non si tratti di una persona incline alla frugalità e, quindi, perfettamente in grado di chiudere ogni anno con una consistente quota di risparmio anche negli anni meno soddisfacenti a livello professionale.
Perché questo parametro dovrebbe incidere sulla Portfolio Survivability? La risposta è semplice: perdere il 30% del nostro patrimonio mobiliare può essere un trauma che ci condizionerà per sempre, se non abbiamo alcuna capacità di risparmio; al contrario, può essere solo un fastidioso contrattempo, se la nostra capacità di risparmio è tale da coprire quella perdita nel giro di qualche mese o pochi anni.
La Portfolio Survivability si può considerare adeguata per valori compresi tra il 50% e il 99%. Abbiamo volutamente limitato il risultato massimo al 99% per ricordare che in finanzia, come nella vita, è sempre bene ricordarsi che non esistono certezze assolute e conservare una sana dose di incertezza può essere estremamente salutare.
In un prossimo articolo analizzeremo alcuni dei risultati che si possono ottenere con il calcolatore presentato qui sotto, per validarne l'efficacia o, quantomeno, l'attinenza alla realtà. Alcuni casi pratici ci aiuteranno a capire l'utilità e l'importanza di uno strumento come la Portfolio Survivability nell'ambito di una gestione finanziaria oculata e lungimirante.
Nel frattempo invitiamo tutti i nostri lettori a sbizzarrirsi con simulazioni di ogni sorta e a segnalarci qualsiasi riflessione o suggerimento nei commenti o tramite la pagina dei Contatti.
Per approfondire

“Saperci fare con i soldi non dipende soltanto dalle informazioni a nostra disposizione ma anche, e soprattutto, da come ci comportiamo. E il comportamento è difficile da insegnare, anche alle persone più intelligenti…”

“Kahneman ci guida in un'esplorazione della mente umana e ci spiega come essa sia caratterizzata da due processi di pensiero ben distinti… Efficiente e produttiva, questa organizzazione del pensiero ci consente di sviluppare raffinate competenze e abilità e di eseguire con relativa facilità operazioni complesse. Ma può anche essere fonte di errori sistematici (bias), quando l'intuizione si lascia suggestionare dagli stereotipi e la riflessione è troppo pigra per correggerla.”